'l sciaraballo

Testimonianze della vita di paese durante il periodo bellico e postbellico attraverso notazioni di costume, quadretti all'aria aperta, reminiscenze fiabesche colti senza la pretesa di trasfigurarli e nobilitarli nei termini dell'immaginazione poetica tradizionale. di GIORGIO PARAVENTI

 

 

Subito dopo la seconda guerra mondiale la linea ferroviaria Pergola-Fossombrone era interrotta.

Nell'urgenza di riattivare i collegamenti le Ferrovie dello Stato organizzarono un trasporto sostitutivo su gomma utilizzando i camion militari che gli americani avevano lasciato in Italia.

Adibiti al trasporto della truppa erano privi di ogni comodità per il passeggero e, soprattutto, erano sprovvisti di maniglie.

Erano, per contro, sempre molto affollati per questo, tra i sobbalzi creati dalle buche delle strade, accentuati dall'eccessiva velocità, e la mancanza di appigli, si generavano dei tremendi parapiglia.

Alcuni passeggeri prendevano con filosofia l'avventura e sorridevano mentre altri si lasciavano andare ad inferocite filippiche nei confronti dei gestori del servizio.

La fermata di Bonconsiglio era posta davanti alla chiesa. Alla partenza, come all'arrivo, grandi discussioni si accendevano tra chi per primo voleva salire e tra chi a fatica voleva scendere.

Alle volte, infatti, il camion era già pieno, mentre, al ritorno, fagotti e sporte ostacolavano lo sportello d'uscita. 

Fu forse qualche ferroviere napoletano che assegnò il nome “o Sciaraballo” a questo singolare mezzo di trasporto.

Questo nome dialettale derivava dal francese “char à banc” che designava il carrozzino utilizzato, per lo più, dai proprietari terrieri per recarsi in campagna a controllare i loro poderi o per fare delle passeggiate con la famiglia.

Nel dialetto frontonese prese un'inflessione più marcata e divenne

“`l sciaraballo”.

In senso di scherno, e quasi dispregiativo, in seguito, tale nome, finì per indicare qualsiasi mezzo di trasporto che non fosse in grado di svolgere efficacemente le sue funzioni.

Ritornando, però, al fatidico momento dell'arrivo del “`l Sciaraballo” da Cagli, era facile vedere i viaggiatori scendere stremati ognuno vociando e raccontando la propria avventura. 

Patrizio, esageratamente verboso in condizioni normali, al ritorno da Cagli, riusciva nell'intento di prolungare oltre misura il racconto delle vicissitudini del viaggio.

Approfittava, altresì, per narrare le varie commissioni compiute avvalorandone l'importanza con degli improbabili “futti“ o “andiedi“ che lasciavano perplessi anche i più sprovveduti in fatto di grammatica italiana.

Arricchiva, poi, il racconto citando le rocambolesche contorsioni adottate per mantenere l'equilibrio, citando, nel frattempo i nomi dei viaggiatori che si erano fermati ad Acquaviva e a Paravento.

Alle volte, così, si sentiva dire in giro, per avvalorare la veridicità dell'episodio narrato:

 

“ l'ha ditto Patrizio ch'è gito a Cagli l'altriere”.

 

Castelplanio 09.05.02

 

LA BICCUTA

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