Un pianeta avverso

Testimonianze della vita di paese durante il periodo bellico e postbellico attraverso notazioni di costume, quadretti all'aria aperta, reminiscenze fiabesche colti senza la pretesa di trasfigurarli e nobilitarli nei termini dell'immaginazione poetica tradizionale. di GIORGIO PARAVENTI

 

 

Biage di Cà Gentile, nei giorni di festa, andava all'osteria per fare quattro chiacchiere e una partita a scopa.

Era di carattere chiuso, ma al terzo quartino di vino diveniva più loquace; il suo abituale mutismo si scioglieva.

Inevitabilmente, allora, ripeteva con insistenza i suoi versi, finendo per mettere a nudo la sua travagliata esistenza. 

Sua moglie, infatti, a causa del peggioramento delle condizioni di salute dei suoi genitori, che abitavano alla Foce, era quasi sempre via.

Toccava, così, al povero Biage fare la spola tra le due abitazioni. 

La sua magra economia domestica, inoltre, lo costringeva ad andare al monte a fare la legna o il carbone per migliorare il bilancio.

C'erano, poi, le incombenze tipicamente femminili da portare avanti: tagliare l'erba per i conigli, preparare il pastone per il maiale, accudire alle galline e alle pecore.

La giornata di Biage, pertanto, era massacrante e nello scorrere del tempo non c'erano segnali di miglioramento.

Il quartino di vino domenicale, come è facile intuire, riusciva, in parte, a mitigare questa corsa affannosa e con poche speranze di redenzione. 

Ma un bel dì di maggio, Biage, apparve più sollevato, alcuni sintomi evidenti indicavano che il suo travagliato e confuso andirivieni famigliare stava per esaurirsi. 

In quello stesso giorno, gironzolava intorno all'osteria, in attesa di clienti, un venditore ambulante di chincaglieria.

Per attirare l'attenzione, il venditore aveva, con sé, una gabbia contenente un ciarliero pappagallo dal nome esotico di Cocorito.

All'invito del padrone, Cocorito, da un cassettino che li conteneva, estraeva, con il becco, dei foglietti vivacemente colorati.

Era il famoso foglietto della pianeta su cui era predetta la sorte. 

Biage, ricreato nello spirito dalle buone prospettive di mitigare i suoi affanni, euforizzato ancor più dal vino, e abbindolato dall'ambulante che andava dicendo:

 

“venghino signori,

è il pappagallo che,

senza frode e senza inganno,

la vostra vita va predicendo:

conosce gli affari di famiglia,

sa se la zitella si marita

e la vedovella chi se la ripiglia”

 

tentò la fortuna.

 

La poca dimestichezza con la lettura ed i caratteri microscopici, tuttavia, gl'impedirono di decifrare il contenuto del foglietto.

Si rivolse, allora, alla sarta Maria che abitava davanti all'osteria.

La brava artigiana notando l'insolita spensieratezza di Biage ed essendo a conoscenza di tutte le sue sofferenze, decise, lì per lì, di giocargli un scherzo fragoroso.

Prese il foglietto e ,senza minimamente tradire il suo intento, lesse con profonda attenzione il contenuto.

Ma giunta al termine della seriosa lettura, con gli occhi fissi sul foglietto, aggiunse una frase che lasciò interdetto e come inebetito Biage.

Disse:

 

"la tua vita, nonostante la fortuna benigna in amore e affari, sarà un continuo peregrinare: da Cà Gentile alla Foce e dalla Foce a Cà Gentile".

 

Senza volerlo (non era ferrata in astrologia), la sarta, introdusse, nella sorte di Biage, l'influsso di Saturno (simbolo di dissoluzione, freddo e calamità) nella lettura di un pianeta che fin allora era stato dominato, invece, da Venere (detta "Fortuna della vita terrestre").

 

Nell'udire quelle parole, Biage, si sentì quasi mancare e dopo una breve incertezza, riprendendosi esclamò:

 

“e lu' comme fa a sapello?”

 

Castelplanio 04.11.02

 

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