LO SPOSALIZIO

Testimonianze della vita di paese durante il periodo bellico e postbellico attraverso notazioni di costume, quadretti all'aria aperta, reminiscenze fiabesche colti senza la pretesa di trasfigurarli e nobilitarli nei termini dell'immaginazione poetica tradizionale. di GIORGIO PARAVENTI

 

S’andava a piedi,

nel silenzio della campagna,

da un serafico sole abbacinati;

mentre il corteo nuziale,

con grande allegria,

sulla strada bianca deserta,

s’ avvicinava alla chiesa,

le campane suonavano a distesa.

 

Il tragitto,

con malcelata sorpresa,

interrotto era dalla parata:

tesa corda  che il passaggio ostruiva,

di fiori campestri ornata.

Il pedaggio da pagare,

era in  confetti,

per ricever gli auguri dai paesani,

alla felicità degli sposi stretti.

 

Il pranzo,

sotto le capanne di fieno odorose,

allestito  su delle tavole,

su delle bigonce poggianti.

I poeti a braccio

con frequenza,

rozzi versi rimavano;

che toccante umanità  trasmettevano.

Tra l’un e l’altro verso

la pausa , sapientemente estesa,

desiderosa rendea l’attesa.

 

Il lieto clamore del banchetto,

d’improvviso, s’attenuava,

il rimatore, dopo il tortuoso preambolo,

di panegirici infarcito,

la strofa finale, ritmando ad effetto,

un gran applauso strappava,

nel general diletto.

 

“O dolce sposa”

 

sulla finestra t’è nato un fiore,

dal color rosso assai vivace.

Se la sua chiara bellezza,

mantener vorrai,

d’ogni cura dovrai esser capace.

 

“Sposo felice”

 

t’apparrà un firmamento tremulo di stelle,

s’un nero fondo di velluto;

se custodir vorrai,

dei scintillanti astri, lo splendore,

fedele  e gentil,

dovrai serbare il  cuore.

 

Si susseguivan le portate,

il vocio concorde

che investiva ognuno e tutti,

ché la bellezza del simposio era li,

aumentava,

 

le colme brocche di vino,

gli occhi inumidivano,

i bambini , con gran strepitio scorrazzavano,

volavano i primi lanci di confetti,

e con precisione colpivano.

 

Ad un certo punto,

come dall’abbondanza dei cibi stordito,

commensale non v’era

che , della magra dieta quotidiana memore,

convinto non fosse

di stare beato

in cima al Parnaso

a tavola con gli Dei

convitato.

 

Sul lusco e brusco,

una coral ebbrezza giungea

allorché i genitori della sposa,

con orgoglioso spirito,

misto a commozione,

al caro ospite amico

offrire volevano

il bicchier del ringraziamento

grati  d’aver onorato la loro mensa,

nel giorno del gran evento.

 

Ricordando, allor,

di Socrate il detto:

 

“il vino impregna l’anima

e addormenta i crucci,

destando i buoni sentimenti”;

 

di Bacco il magico liquore mescevano

perché tutti, dall’amabile ara

uscir doveano

traboccanti di felicità rara.

 

Era un giorno di tripudio;

di purissima gioia colmi

non perdean una figlia,

ma partecipi erano

alla creazione di una nuova famiglia.

 

 

Castelplanio 05.07.03

 

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