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Dei tanti Castelli, arroccati sulle cime più o meno impervie delle nostre colline dell'entroterra, esistenti anticamente numerosi nella zona, quello di Frontone di struttura prevalentemente militare conserva ancora, seppure degradato dal tempo, tutta la sua nobiltà e potenza. Grigio, solitario, imponente, minaccioso domina le valli circostanti, ricordandoci che da lassù anticamente, si dominavano le più importanti vie di comunicazione, (non ultima quella di collegamento di Gubbio con Senigallia) ed oggi si domina un panorama tra i più belli e suggestivi del nostro entroterra. In questa giusta ed opportuna riscoperta dei centri antichi (in cui noi, forse, abbiamo perduto tempo prezioso!) crediamo che il Castello di Frontone possa avere un ruolo significativo per un importante rilancio turistico della zona. Si tratta di un monumento storico che può costituire veramente un importante asse culturale turistico da collegare con i centri vicini: Serra Sant'Abbondio, Eremo di Fonte Avellana, Cagli, Pergola, Gubbio, Urbino ed altri, ricostruendone la storia e le tradizioni che, il più delle volte, risultano legate, collegate e comuni. Le prime notizie del Castello di Frontone si ricavano da un placito di Beatrice e Matilde di Canossa, concesso nel 1072 a Damiano Priore di Fonte Avellana; poi un certo Pagano, Signore del Castello di Isola, dona il Castello di Frontone nel 1101 all'Eremo; nel 1189 il prepotente Ugolino di Guiduccio restituisce il Castello all'Eremo dopo essersene impossessato con la forza. Dal 1303 al 1420 sono i Gabrielli di Gubbio a legare il proprio nome a Frontone (di questa potente famiglia ricordiamo Cante Gabrielli che, in qualità di Podestà di Firenze, mandò in esilio Dante Alighieri nel 1302; la tradizione vuole il divino poeta esule anche da noi, a Fonte Avellana). Fu questo un periodo contraddistinto da guerre ed alleanze, da intrighi e da armistizi fra Cagli e Gubbio, a motivo dei dazi e della grande importanza strategica che il Castello di Frontone assumeva per la sua posizione, fino a che sulla scena non apparvero i Conti di Montefeltro, che fecero uccidere Cecciolo Gabrielli, espropriarono il Castello a suo fratello Gabriele, inserendo così Frontone nella storia ricca e densa di avvenimenti dei Montefeltro e dei Della Rovere. Nel 1445, Sigismondo Malatesta da Rimini compì un improvviso e feroce attacco con l'intendimento di impossessarsi del Castello di Frontone, si ebbe un lungo e pericoloso assedio, infine il Malatesta fu costretto ad abbandonare il tentativo grazie, anche all'intervento personale del Duca Federico da Montefeltro. Ma ci si convinse che occorreva rafforzare ed adeguare la struttura ai tempi per una migliore difesa. Si ebbe così l'intervento del grande architetto senese Francesco di Giorgio Martini, il quale modificò, esternamente, la struttura; creò nel lato nord l'attuale puntone triangolare, con torre quadrangolare interna e mura perimetrali a semicerchio, onde poter avere una più alta torre di osservazione e, con struttura a semicerchio, far sì che le bombarde, lanciate contro le mura, schizzassero via, senza così penetrare all'interno. Il Castello di Frontone, come dicevamo, subì notevoli mutamenti nel corso dei secoli, cercando di adeguarlo alle situazioni e alle necessità (da struttura prevalentemente militare si trasformò in residenza abitativa temporanea con il Della Porta). Significativo il quadro dell'Allegrini del secolo XVII nell'altare destro della Chiesa baronale del Castello, raffigurante il Castello stesso. Il 17 gennaio 1530, con decreto stipulato a Pesaro, Francesco Maria Della Rovere, Duca di Urbino, dona a Gian Maria Della Porta il Castello di Frontone con tutte le sue pertinenze e con ogni giurisdizione, insignendolo, nello stesso tempo, del titolo di Conte, trasmissibile di suoi figli ed eredi. Nello stemma dei Della Porta raffigurata è una porta aperta (e, in verità, molto significativamente , i Della Porta hanno sempre dimostrato, nel tempo, benevolenza e magnanimità, e senso di ospitalità) con a lato una quercia, simbolo dei Della Rovere. Per ogni Conte Della Porta, dopo Gian Maria, Frontone preparava, per l'insediamento ufficiale solenne, grandi festeggiamenti, scanditi da un rituale codificato. Le campane suonavano a festa, cannoni e mortai sparavano a salve. Bandiere e stendardi ovunque passavano in corteo Conti e Contesse, nobili e cavalieri, a cui faceva seguito una larga ala di popolo. Nella Chiesa del Castello tutto era pronto: il parroco aveva posto al centro della navata i cuscini rossi bordati d'oro; gli affittuari della montagna (il massiccio del Catria era allora la più importante fonte dell'economia locale) avevano già portato 100 libbre di formaggio e due agnelli, il macellaio il cervello e la lingua delle bestie uccise, i fruttivendoli i meloni, i carbonai il carbone ed ogni porchettaio due libbre di porchetta e i cosiddetti "nevari" la neve, che sarebbe servita da frigorifero per tutto il tempo di permanenza dei Conti. Tutta la gente del borgo e del contado interveniva e partecipava al grande avvenimento. Tutti si sentivano, in qualche modo, partecipi e protagonisti, compresa la gente comune, le donne erano chiamate per pulire, cucinare (il piatto del Conte!) e servire a tavola, gli uomini per fornire acqua e legna; era un modo faticoso ma eccitante per spiare la vita, i gesti dei loro signori, per toccare sete e velluti, per essere lambiti dai riflessi di pietre preziose mai viste. Poi tutti partecipavano alla "festa di corte", allietata da canti, danze, spettacoli vari eseguiti da attori, buffoni e saltimbanchi. |
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