PEPPINO L'AFFITTAGATTI

 

 

 

Peppino era una persona di 40 anni. Rimasto disoccupato, viveva in un piccolo paese di montagna, dove quasi tutti se ne erano andati via, ma lui, che era molto legato a quei posti, ai ricordi e alle bellezze del luogo, era rimasto lì, non aveva voluto abbandonarli.

Visto che lavori in quella zona non ce n’erano, ma c’era del turismo, Peppino un lavoro se lo inventò. Aveva in casa sua un nutrito numero di gatti, e quindi di mestiere cominciò a fare l’affittagatti, ovvero affittava i gatti ai turisti che venivano a villeggiare in quell’ameno paesino sperso in mezzo ai monti. Sia che fossero proprietari di case, sia che l’avessero presa in affitto, tutti comunque avevano il problema di fare sloggiare un esercito di topi che abitualmente vivevano nelle case del borgo.

Chi voleva passare una vacanza serena, senza la presenza dei ratti in casa, andava da Peppino e prendeva in affitto un gatto, che rimaneva ospitea per tutto il periodo di permanenza del turista e dava la caccia alle indesiderate bestiole. Il costo dell’operazione era di 8,00 Euro al giorno per ogni gatto, + vitto e alloggio per il micio e l’impegno di riconsegnare il felino in buona salute, non deperito, e di peso almeno tal quale quello della consegna.

L’attività dava buoni frutti, ma se è vero che i soldi non danno la felicità, arrivò il giorno che Peppino, che come detto viveva solo, si sentì dire dall’amico più fidato:

“Peppino hai un’attività che ti rende, ma sei solo, hai passato i 40 anni, perché non ti trovi una brava donna e metti su famiglia??”

“Sembra facile… - rispose Peppino, - ma all’età mia, chi mi vuole??...”

“Vai giù in città, - riprese l’amico - c’è un’agenzia matrimoniale, lì di sicuro qualcuno ti rimediano…”

Peppino scese dalla montagna, si recò nella vicina città all’agenzia matrimoniale e lì ebbe modo di vedere in un catalogo una varietà notevole di femmine da marito: dalle ragazze single per scelta ormai pentite, a quelle abbondantemente stagionate, dalle fotomodelle e miss cadute in disgrazia, alle vedove sconsolate che volevano rifarsi una nuova vita.

Peppino prese una via di mezzo e scelse una ragazza di pari grado ed età, che veniva comunque garantita come seria, onesta, lavoratrice, desiderosa di formare una famiglia e avere dei figli.

Tornato dall’amico, Peppino aveva in mano il foglio dell’Agenzia che conteneva tutto il curriculum vitae della ragazza scelta.

Subito uscì spontanea la domanda dell’amico a Peppino:

“…e allora Peppino come è andata. L’hai poi trovata la donna??”

“Sì, l’ho trovata, … vedi, questa è la scheda, … c’è tutto, comunque domenica ho appuntamento a casa sua per conoscerla…!”.

La domenica arrivò, e Peppino, tirato a lucido come nelle migliori occasioni, passò dal fioraio e comprò 36 rose rosse da portare all’amata per poter fare più colpo e conquistarla.

Arrivato che fu nella via dove abitava la donna, entrò nel palazzo e salì al secondo piano come da istruzioni riportate nella scheda dell’agenzia.

Davanti al portone dell’appartamento, Peppino suonò con la mano destra il campanello di casa, tirando un sospiro per l’emozione, con la mano sinistra teneva ben dritto il mazzo delle 36 rose stando attento a non farle cadere.

Nello stesso momento che il campanello suonò, subito si sentì un abbaiare di cani provenire da dentro l’appartamento… La donna aprì la porta con un sorriso e Peppino allungò prontamente la mano destra in segno di saluto.

A tale gesto “la canizza” formata da quattro cagnetti di piccola taglia, ma tanto affezionati alla padrona da difenderla a costo della vita, interpretando il gesto di saluto in un gesto di offesa, si scagliarono sulle gambe del povero Peppino e a forza di morsi lo ferirono a sangue. Peppino d’istinto si dovette difendere da quella situazione e cominciò a roteare il mazzo di rose e a frustare i cani con quello. Le 36 rose avevano tantissime spine appuntite, alcune molto grosse, e Peppino, dopo aver colpito le bestie più volte in modo violento, vide tanto sangue per terra, e i quattro cani stesi esanimi. Le spine avevano fatto bene il loro dovere, e i cani, riconoscendo la superiorità di Peppino e del suo mazzo di rose, si ritirarono in buon ordine con guaiti e ululati a leccarsi le ferite in un’altra stanza, abbandonando il campo.

L’inizio non era stato dei migliori. Peppino e la ragazza rimasero attoniti, uno davanti all’altro non sapendo cosa dire e chi per primo dovesse scusarsi con l’altro per l’accaduto. Poi alla fine, quasi per un segno del destino, si gettarono tra le braccia l’uno dell’altro. Un po’ risero per la situazione creatasi e per quello che era successo, un po’ piansero per la gioia di essersi incontrati. Si sposarono, ebbero dei figli e come in ogni favola “… tutti vissero felici e contenti”.

 

ALESSANDRO FORNETTI